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Una intervista su Espoarte⎢An interview on Espoarte

Un estratto dall'intervista di Matteo Galbiati a Federico Guerri comparsa sul numero 52 della rivista Espoarte

An excerpt from Matteo Galbiati’s interview with Federico Guerri appeared in issue 52 of Espoarte magazine


Dal primo incontro sono stato rapito dall’immediata e spontanea freschezza poetica delle opere di Federico Guerri: tele grezze dipinte con piccoli tratti di matita. Grafite e tela descrivono, senza eccessi e ridondanze, forme di soffice ed eterea bellezza che raccontare liriche soffuse e concentrate, quasi orientali. Il suo lavoro, ordinato e composto, diventa un libro che schiude, nelle opere, le pagine del racconto di questo giovane artista, che di concentrazione e integrità narrativa dà esempio di grande virtù. Inconfondibile e incredibilmente suggestivo il suo segno si qualifica come modello ed esempio di una capacità artistica che ne amplifica il valore senza eccessi e, basato su una pura semplicità, dà prova di un’opera forte ed incisiva.


From the first meeting I was captivated by the immediate and spontaneous poetic freshness of the works of Federico Guerri: rough paintings painted with small strokes of pencil. Graphite and canvas describe, without excesses and redundancies, forms of soft and ethereal beauty that tell suffused and concentrated lyrics, almost oriental. His work, ordered and composed, becomes a book that opens, in the works, the pages of the story of this young artist, which gives concentration and narrative integrity example of great virtue. Unmistakable and incredibly evocative its sign is qualified as model and example of an artistic ability that amplifies its value without excesses and, based on a pure simplicity, it gives proof of a strong and incisive work.




So che il tuo percorso non è iniziato dall’uso del segno-disegno, ci racconti in breve la tua storia artistica?

Il mio percorso è lungo e tortuoso: dopo l’Accademia ho praticato per diversi anni la scultura. Amavo la spazialità e il comporre forme relazionabili con essa. Lentamente questo grande amore per la scultura si è consumato nell’esigenza di esplorare nuovi materiali e soluzioni; volevo sintetizzare, unendoli nell’opera, i miei interessi: pittura, scultura, disegno… È stato un periodo travagliato, producevo tanto e ancora più distruggevo. Poi mi sono fermato e ho fatto pulizia svuotando lo studio e spogliandolo di tutto. Così ho ricominciato dal segno.


Nella complessa resa della tua poetica i materiali che usi si limitano a tele grezze e grafite. Cosa implica questa scelta minimale?

Questo lavoro nasce dall’esigenza di ricominciare, di ripartire da un azzeramento; ero arrivato al punto in cui la sperimentazione di mezzi e materiali disparati, anziché aprirmi a nuove esperienze, mi confondeva allontanandomi dal vero contenuto di ciò che volevo fare. La decisione di usare solo la matita, quale unico filtro e mezzo tra me e l’idea, si è rivelata poco alla volta liberatoria. Volevo un lavoro scarno e nudo.

All’inizio, per non cedere alla tentazione di aggiungere elementi ulteriori, mi limitavo lavorando come se avessi una mano legata alla schiena. Paradossalmente è stata questa povertà di mezzi ad aprire nuovi orizzonti inaspettati. Oggi tale scelta non mi è più difficile o faticosa, ma è l’unica percorribile.




Use that your path is not started by the use of the sign-drawing, tell us briefly your artistic history?

My path is long and tortuous: after the Academy I practiced sculpture for several years. I loved spatiality and composing relatable forms with it. Slowly this great love for sculpture was consumed in the need to explore new materials and solutions; I wanted to synthesize, combining them in the work, my interests: painting, sculpture, drawing... It was a troubled time, I produced a lot and even more destroyed. Then I stopped and cleaned up and emptied the studio and stripped it of everything. So I started from the sign.


In the complex rendering of your poetics the materials you use are limited to raw canvas and graphite. What does this minimal choice imply?

This work was born from the need to start over, to start again from a zero setting; I had reached the point where the experimentation of disparate means and materials, instead of opening up to new experiences, confused me away from the true content of what I wanted to do. The decision to use only the pencil, as the only filter and a half between me and the idea, gradually turned out to be liberating. I wanted a skinny, naked job.

In the beginning, in order not to give in to the temptation to add more elements, I limited myself working as if I had a hand tied to my back. Paradoxically, it was this poverty of means that opened new unexpected horizons. Today such choice is not more difficult or tiring to me, but it is the only one practicable.

 

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